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Davide Zanelli·23 aprile 2019
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Davide Zanelli·23 aprile 2019
Noi non creiamo fenomeni perché i fenomeni non si creano. Noi formiamo dei buoni giocatori. La più grande soddisfazione è quando mi dicono che un nostro ragazzo che è andato a giocare in prestito si comporta bene, ha buona volontà e dedizione.
A 83 anni, dopo essere stato messo in ginocchio da un ictus, è venuto a mancare uno dei più grandi talent scout nella storia del calcio italiano, Mino Favini.
Basterebbe citare i nomi di Montolivo, Pazzini, Zambrotta, Conti, Caldara, Gagliardini, Kessié, Tacchinardi, Consigli, Borgonovo e Zaza per farsi un’idea di quali giocatori siano stati scoperti o cresciuti da lui.
In sostanza, se oggi l’Atalanta si sta giocando un posto in Champions League, gran parte dei meriti è sua.
Da anni, la Dea ha la possibilità di attingere a uno dei settori giovanili più floridi d’Italia lanciando in Serie A talenti, che presto finiscono nel mirino dei top club, e monetizzando dalle cessioni. Se esiste e funziona questo sistema, che ha portato il presidente Percassi a sognare l’Europa che conta e a investire persino in un grande progetto per il nuovo stadio, è perché per anni a Bergamo c’è stato un uomo che tutti chiamavano maestro, capace di riconoscere il talento grazie a un occhio fuori dal comune.
Tecnica e disciplina: Favini controllava le pagelle dei suoi calciatori, dava loro consigli su come muoversi fuori dal campo. Per questo motivo, è stato salutato da tanti dei suoi allievi come un maestro di vita, ancor prima che un insegnante di calcio.
Cesare Prandelli, uno dei più grandi allievi, cercò di portarlo in Nazionale come responsabile delle giovanili, ricevendo però un rifiuto: Favini era troppo legato a Bergamo e all’Atalanta. “Avrebbe dato un messaggio chiaro per tutto il calcio italiano sulla giusta strada da intraprendere”, ha spiegato con rammarico l’attuale tecnico del Genoa in un’intervista rilasciata oggi.
Il messaggio, però, può arrivare lo stesso: l’Atalanta che sogna l’Europa lo dimostra. L’intera carriera di Mino lo dimostra.