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Mario De Zanet·15 ottobre 2018
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Mario De Zanet·15 ottobre 2018
Perché quest’Italia ha funzionato? Ci domandiamo il perché, e proviamo a darci una risposta, le cui radici non possono che essere la forti identità che si intravedono nelle diverse anime di quest’Italia: quelle anime che Mancini sta cercando di rendere complementari.
Quest’Italia funziona, perché Mancini si dimostra umile. Umile nel capire che deve imitare, non stravolgere, non inventare. Non vi è tempo per l’ego di un allenatore o di un giocatore: si tratta esclusivamente di assemblare i pezzi di una squadra povera di riferimenti e cominciare a posare le fondamenta.
Mancini lo ha fatto, e pian piano sembra raccoglierne i frutti: tutto nasce a centrocampo, dove Mancini si è affidato all’idea di Sarri ed al suo più abile interprete, ovvero Jorginho, affiancandogli un giocatore mai espresso in Nazionale: Marco Verratti, in un sistema di questo tipo, va a nozze e lo si è visto ieri.
E, quando il sistema gira, diventa più semplice inserire i giovani, che, se sono validi e attorniamo da chi li alleggerisce da responsabilità, possono crescere, ma anche essere efficaci: Nicolò Barella insegna.
Torniamo, tuttavia, al concetto di imitazione: la scelta di lasciare libertà ad Insigne, la libertà di essere quello di Napoli, in quel ruolo ricucitogli da Ancelotti. Da questi principi, Mancini ha saputo costruire la sua Italia, affidandosi alle idee altrui ed intengrandole con le proprie: è un pregio incredibile, quest’umiltà, perché permette al calcio italiano di riunire tutte le sue forze in un’unica direzione.
Ora la strada è tracciata e l’Italia sa dove andare: la prossima potrebbe essere quella rappresentata dalla difesa del Milan, se Romagnoli e Caldara(oltre a Conti) dovessero prendersi la retroguardia rossonera. Sarebbe un ottimo investimento anche per Mancini.