Salo Muller, l’incredibile storia del fisioterapista di Cruijff | OneFootball

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Francesco Porzio·29 aprile 2019

Salo Muller, l’incredibile storia del fisioterapista di Cruijff

Immagine dell'articolo:Salo Muller, l’incredibile storia del fisioterapista di Cruijff

“Tot vanavond en lief zijn hoor”. “Ci vediamo stasera e fai il bravo”

Il piccolo Salo, prima di entrare a scuola, sentì queste parole. Era sua madre, ma quella fu l’ultima volta in cui la vide. Da quel momento in poi, soltanto il ricordo lo accompagnò per il resto della sua vita.


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Salo è il diminutivo di Salomon, e questa è la storia di un bambino ebreo diventato uomo in fretta. Come tanti altri, non per volontà sua. Siamo ad Amsterdam, durante la seconda guerra mondiale. Salo è un bambino, ma diventerà presto un’icona dell’Ajax. Salo Muller, il fisioterapista del club olandese per eccellenza. Quello che con Johan Cruijff creò le basi del calcio moderno.

L’Ajax è anche conosciuta come la “squadra degli ebrei”. Negli ultimi anni, dove il nazismo è rispuntato, sono aumentati i cori contro la squadra che un tempo fu quella di Salo. E lui, come racconta spesso, l’ha sempre sofferto. Quando un giocatore si faceva male, Salo era il primo ad entrare in campo. Ed ogni volta si ripetevano gli insulti antisemiti da parte dei tifosi avversari.

Ma 55 anni sul campo non si dimenticano. Muller è tutt’oggi una vera istituzione per l’Ajax: tutti lo ricordano con affetto, perché lui è il ragazzo con gli occhiali diventato grande insieme ai suoi “ragazzi”. E tra di loro ce n’era uno speciale. Il 14, Cruijff. Sono tante le foto che li ritraggono insieme, gelosamente custodite dalla moglie Connie. Johan e Salo, sempre insieme. Per tanti anni un rapporto speciale. Perché Johan capiva la sofferenza di un ragazzo costretto a convivere con un dolore eterno. Fin da quando quel maledetto giorno gli diedero una stella gialla da attaccare al giubbotto, portando via la sua famiglia ad Auschwitz, dove entrambi i genitori furono uccisi.

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Salo si salvò, grazie ad una zia e una casa in campagna. Ha dormito in un armadio, per terra, nascosto quando arrivavano i nazisti insieme a topi e insetti per ore intere. Un’infanzia che nessuno meriterebbe, la sua come quella di tanti altri. Purtroppo.

Gli cambiarono anche il nome, perché Salo è il diminutivo di Salomon, un nome troppo ebraico per l’epoca. Così per un periodo lo chiamavano Jaap. La guerra però per fortuna finì, e nonostante la perdita dei genitori Salo non si arrese. Voleva fare il medico, ma non era andato a scuola. Così sua zia gli propose una scuola da fisioterapia. Salo era il più bravo di tutti, e dopo poco il professore gli propose di andare insieme a lui all’Ajax.

Impossibile dire di no. Aveva 18 anni, e fino ai 72 quella divenne casa sua. Una vita a combattere, contro le ingiustizie che gli hanno segnato l’esistenza. Come quella con la Nederlandse Spoorwegen, le ferrovie olandesi. Salo, dopo anni di battaglie, è riuscito ad avere un risarcimento per il “Treno della Shoah”, che portò via le famiglie di migliaia di persone. Una piccola vittoria, che non colmerà mai quel vuoto che la guerra gli ha creato. Aiutare gli altri è sempre stata la sua missione, il suo lavoro.

Cruijff, l’Ajax, la squadra della stessa città che gli ha portato un’infanzia che nessuno gli potrà mai riconsegnare.